Running 2020 con G.luca Pellegrini

Quando un runner pensa al deserto la prima volta, lo fa con timore, per chi è di Conegliano viene naturale pensare alla corsa in spiaggia a Jesolo, dove dopo pochi chilometri hai le gambe distrutte. Questa era un pò la mia visione quando ho deciso di provvare una avventura a Merzouga, nel Sahara del Marocco, insieme al team di

Alberto Rovera, Marco Olmo, Michele Graglia e Stefano Rovera,  Giacomo Ferri con il Marco Olmo Desert Training. L'unica persona conosciuta, da Lanzarote 2018 eraElisabetta Lana, con la quale a distanza ci siamo un pò coordinati per questa nuova esperienza.

Raggiungere Merzouga non è stato banale, dopo il transito a Casablanca e l'arrivo all'aeroporto di Errachidia con tre ore di ritardo, alle 2.00 del mattino 6 jeep ci hanno trasportato per due ore fino ad arrivare finalmente in albergo che era quasi mattina.

Da lì è iniziato un viaggio, direi un'avventura, che ci ha affascinato con emozioni e sensazioni che solo l'insieme del contesto dove eravamo e della passione per la corsa ti possono regalare. Il team degli organizzatori era ed è stato fantastico in tutti i momenti, pre, durante e post viaggio, per cui ancora un grazie ad Alberto, Marco, Michele, Stefano e Giacomo.

Noi 27 runners lo siamo stati ancora di più, abbiamo fatto gruppo già dal primo giorno e in piano armonia abbiamo vissuto e condiviso ogni attimo.

Davvero un bel gruppo dove ognuno aveva il suo ruolo: L'ingegnere siculo/tedesco mio compagno di stanza e fantastico navigatore in jeep, i cuneesi che non si perderebbero mai in mezzo al deserto, la coppia di ragazze toscane con la "hannuccia", Elisa e Denis instancabili runners, Edoardo e Giulia, lui ironman instancabile e lei mia compagna nell 35 km, tenace più di lui, Cristina e il Doc... due miti, Isabella la fotografa che tutti vorrebbero avere in un gruppo, Tea invidiata da tutti per la sua ormai prossima Marathon Des Sables, Fabrizio che con la sua ormai vicina 1000 km in 10 gg a 5 min al km fa capire che tutto si può fare e che "la prima sconfitta è non provarci". E di Itia ne vogliamo parlare, che dopo 330 km in Nuova Zelanda, viene da noi "il giorno dopo" e corre come nulla fosse accaduto...

I filmati e le foto che tutti abbiamo fatto non rappresentano appieno questa esperienza, ma danno l'idea e forse fanno capire che abbiamo vissuto un sogno, un bel sogno, in un ambiente che a volte sembrava irreale, per colori, per fascino e per espressioni.... guardare il deserto in certi momenti e da certe angolazioni ti faceva sembrare di essere in una cartolina di un altro pianeta.

La corsa...., l'approccio al deserto è stato timoroso, ma poi da dentro hai imparato a viverlo ed apprezzarlo, correndo a pianta del piede piatta e non in punta, cavalcando le dune dalla parte del vento dove la sappia è più battuta e sprofondando nella sabbia in discesa, facendo attenzione che alla fine la sabbia è sempre più dura e battuta. Abbiamo scoperto il caldo, ma anche la tempesta, con il vento che a 50 km all'ora, completamente contro, ti spinge la sabbia addosso fino a sentirla che ti entra nei polmoni e negli occhi, costringendoti a fermarti. 125 km di deserto in sette giorni, di cui 34 l'ultimo giorno con quella che loro chiamano la Marathon Du Soleil, ma che non è una maratona, dove più di metà degli atleti si sono persi, perchè il deserto è anche questo, sapersi orientare dove le tracce non sono quelle che abbiamo nelle nostre gare quì in Italia..

Grazie ancora a tutti e mi scuso per chi non ho citato.